articolo del prof.Cristiano Rumio pubblicato sulla rivista “Pulmonary
Pharmacology & Therapeutics”:il link per lo studio completo
http://www.mednat.biz/cure_natur/Pulmonary_pharmacology_teraputics.pdf
IO, I BASSI DOSAGGI, E… I TOPI!, di Cristiano Rumio (*)
Mi
sembrava molto strano, quasi impossibile. E molte cose ancora non mi
sono chiare. Non ci volevo credere e fino all’ultimo ho fatto di tutto
per non crederci. Ma io sono un ricercatore e un ricercatore non deve
credere, non deve procedere per fede. Un ricercatore deve osservare e
misurare, e verificare, deve basarsi sui dati, e non “interpretare”.
Voglio raccontarvi quello che ho osservato e misurato, solo questo. Non
chiedetemi se i bassi dosaggi funzionano. Io avevo un’idea: ora ne ho
un’altra…
Quasi due anni fa sono stato coinvolto - mio malgrado -
in un esperimento in vitro su cui stava lavorando il mio Istituto
(n.d.r. Dipartimento di Morfologia Umana – Università degli Studi di
Milano). Si volevano misurare gli effetti di diluizioni molto spinte (o
se preferite: dosaggi molto bassi…) di una molecola biologica su
cellule umane isolate e stabilizzate. In termini più semplici: abbiamo
messo
delle cellule umane (fibroblasti) in contatto con una sostanza
presente normalmente nel nostro organismo, e che è una delle
responsabili dell’avvio del processo infiammatorio: questa sostanza si
chiama Interleuchina 1-! (abbreviato: IL-1 !). Potremmo dire che quando
questa sostanza si “aggancia” alla superficie di una cellula vittima
di un trauma o di un’infezione si comporta come un dito che pigia su un
interruttore: accende l’infiammazione. Quando questo interruttore si
accende, dentro la cellula avvengono una moltitudine di reazioni
chimiche e vengono prodotte diverse sostanze.
Sperimentalmente,
misurare alcune di queste sostanze significa misurare “l’efficacia
dell’interruttore”, cioè l’attività biologica di quel “messaggero
dell’infiammazione” chiamato appunto IL-1 !
Provammo vari flaconi
contenenti IL-1 !, da quelli più concentrati a quelli più diluiti. Fra
questi, due contenevano una bassissima concentrazione - nell’ordine di
frazioni di miliardesimi di grammo per millilitro – e, soprattutto, tra
essi uno era stato sottoposto alla cosiddetta “dinamizzazione” (un
processo di agitazione verticale molto particolare e preciso) mentre
l’altro conteneva la medesima diluizione ma non dinamizzata. Nel
rispetto delle più rigorose procedure internazionali di ricerca
scientifica nessuno degli sperimentatori conosceva il contenuto dei
flaconi, che erano “siglati” con delle lettere. Solo in una busta chiusa
e depositata in cassaforte, sigillata dal direttore della
sperimentazione, era riportata la corrispondenza fra lettere dei flaconi
e rispettivo contenuto. Come si suol dire, procedevamo “in cieco”.
Dopo
alcune settimane, eravamo in possesso dei risultati della ricerca: due
flaconi mostravano - fra tutti – i risultati più eclatanti. Il flacone
B e il flacone C. Ricorderò sempre queste lettere perché da scettico
osservatore immaginavo che queste due lettere corrispondessero –
ovviamente - ai flaconi contenenti le maggiori concentrazioni di IL-1 !
Così quel pomeriggio telefonai a colui che poi sarebbe diventato un
compagno di avventura scientifica, ma che all’epoca era solamente il
responsabile dell’Istituto di Ricerca che ci aveva commissionato il
lavoro, dicendogli: “…devo riferirle i risultati: due flaconi hanno
risposto, tutti gli altri no, mi dispiace per lei, sicuramente si tratta
dei flaconi con le concentrazioni più elevate. Comunque domattina la
attendo in Istituto per aprire insieme la busta”.
Il giorno dopo
aprimmo la busta. Non volevo credere ai miei occhi. I flaconi che
avevano dato quei risultati positivi contenevano uno sì la
concentrazione farmacologica, cioè elevatissima, di IL-1 !, ma l’altro –
il fantomatico flacone C - conteneva la bassa concentrazione di IL-1 !
che era stata sottoposta a quel particolare procedimento chiamato
“dinamizzazione”. Ancora più interessante era un altro risultato. Il
flacone contenente la bassa concentrazione di IL-1 !, che non era stata
però sottoposta a “dinamizzazione”, si comportava come l’acqua fresca,
cioè non mostrava alcun effetto biologico. Io non ci volevo credere.
Così ripetei l’esperimento ma – accidenti - i risultati continuavano ad
essere sempre gli stessi. Ma continuavo a non volerci credere. Così
chiesi all’Industria Farmaceutica che prepara questi medicinali di poter
assistere alla preparazione delle diverse diluizioni. Lo ammetto: sono
arrivato a pensare che potessero ingannarmi, dandomi flaconi
contenenti concentrazioni differenti rispetto a quel che dichiaravano…
Vigilai con attenzione, e poi ripetei l’esperimento, ma i risultati
continuavano ad essere sempre gli stessi.
A quel punto i miei
pregiudizi cominciarono a vacillare, perché non si trattava
d’interpretazioni. Io stavo solo leggendo dati. Ma - ancora - non ero
convinto. Una cellula è una cellula e – isolata - ha un comportamento
differente rispetto ad un sistema biologico complesso come quello di un
animale. Nel frattempo avevo cominciato a leggere studi clinici
controllati (accidenti se esistono!) inerenti all’utilizzo di basse
concentrazioni dinamizzate di principi attivi. Questi lavori mostravano
un’efficacia clinica decisamente superiore al placebo.
Ma,
tuttavia, io ero scettico. Certamente un essere umano può essere
influenzato dal medico che, somministrandogli un certo farmaco, e anche
solo accompagnandolo con una frase ben detta, può condizionare
favorevolmente l’esito di una terapia.
Oramai la mia curiosità di
ricercatore non era più controllabile. Volevo osservare e capire. E,
devo confessarlo, volevo dimostrare… che dosaggi così bassi non possano
funzionare su un animale da laboratorio! Così prendemmo dei topi, e su
di loro studiammo in vivo gli effetti di diverse concentrazioni di
alcune molecole biologiche, sempre della famiglia delle interleuchine,
che la medicina studia da più di 15 anni per giungere al risultato di
una terapia eziologica delle allergie, cioè capace di eradicarne la
causa principale. Operammo anche in questo caso ovviamente in cieco,
cioè né i topi (come è facile intuire!) né gli sperimentatori sapevano
cosa si stesse somministrando. Come al solito, somministrammo
concentrazioni farmacologiche, cioè molto concentrate. Somministrammo
poi basse concentrazioni senza dinamizzazione. Somministrammo basse
concentrazioni dinamizzate. Somministrammo placebo…
Anche i topi
mostrarono che solo due flaconi erano terapeuticamente efficaci, e per
giunta nella stessa misura. Però questa volta successe qualcosa di
molto strano: i topi che erano stati trattati con uno dei due flaconi,
dopo un’iniziale totale remissione del quadro patologico, passati
alcuni giorni morivano. I topi trattati con l’altro “flacone efficace”
mostravano anch’essi la totale remissione della patologia, ma poi non
morivano. A questo punto – credetemi - non stavo più nella pelle dalla
curiosità di scoprire a quali concentrazioni corrispondessero i due
flaconi “terapeutici”: il primo, capace di curare con grande efficacia
ma con tali effetti collaterali negativi da uccidere i topi,
corrispondeva alla diluizione superconcentrata. Il secondo invece,
mostrava di essere efficace come il precedente, e in più di essere privo
di effetti collaterali.
Non ci volevo credere: era ancora la
bassa concentrazione dinamizzata… Era lei, che aveva curato i topi
allergici senza effetti collaterali. Inutile dire che il mio
scetticismo mi imponeva di ripetere e ripetere e ripetere e ripetere
ancora quest’ultimo esperimento. Ma i risultati continuavano ad essere
sempre gli stessi…
Non chiedetemi se credo nelle basse
diluizioni. Io sono un ricercatore e credo solo a ciò che osservo e
posso misurare. E quello che vi ho raccontato è solamente ciò che ho
osservato e misurato nell’ultimo anno e mezzo della mia vita.
Oggi
penso che se non troveremo il coraggio di “misurare” queste discipline
con approccio scientifico scevro da pregiudizi, correremo il rischio
di privare l’umanità intera di una potenziale straordinaria risorsa
terapeutica, e di nuovi farmaci efficaci per molte patologie e
sicuramente – in virtù della loro particolare struttura molecolare -
privi di effetti collaterali. Da ricercatore coltivo ossessivamente il
dubbio. Un dubbio che oggi mi vede impegnato a misurare gli effetti di
low-dose di alcuni principi attivi che potrebbero rappresentare una
nuova frontiera nella cura del Morbo di Crohn e dell’Artrite
Reumatoide. Un dubbio per il quale – ne sono certo - vale la pena
passare le notti in laboratorio.
(*) Professore di Anatomia Umana presso la Facoltà di Farmacia dell’Università degli Studi di Milano.
Dichiarazione
sui conflitti d’interesse: il Dott. Prof. Cristiano Rumio non ha
attualmente - ne ha mai avuto in passato – alcun rapporto di dipendenza o
di consulenza con i laboratori di ricerca GUNA – committenti
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